La sentenza della Corte di Cassazione n. 32707 del 16 dicembre 2024 ha affrontato un tema di grande rilievo nel diritto condominiale: l’illegittima occupazione di un giardino condominiale da parte di un’impresa appaltatrice durante l’esecuzione di lavori straordinari.

La questione centrale ruota attorno al diritto dell’impresa di accedere temporaneamente a un’area privata per motivi tecnici e alla possibilità di dover corrispondere un’indennità ai condomini per la temporanea privazione del loro diritto di godimento dell’area.

Come si bilanciano le esigenze operative con la tutela del diritto di proprietà? Quali sono i diritti e i doveri di un condominio in casi simili?

Continua a leggere per scoprire i dettagli di questa importante pronuncia.

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Il caso giuridico e il contenzioso

La controversia trae origine dall’esecuzione di lavori straordinari commissionati dal condominio per interventi di manutenzione e riqualificazione dell’edificio, inclusi interventi strutturali e di rifacimento di parti comuni. Durante lo svolgimento delle opere, l’impresa appaltatrice aveva occupato temporaneamente il giardino condominiale, impedendone l’uso ai residenti per un periodo significativo.

Questa limitazione era motivata, secondo l’impresa, dalla necessità di collocare materiali, attrezzature e di creare un’area di sicurezza per lo svolgimento delle attività.

I condomini, tuttavia, hanno ritenuto l’occupazione eccessiva e non proporzionata rispetto alle esigenze tecniche. In particolare, l’accesso all’area verde era stato precluso senza un’adeguata comunicazione preventiva e senza un piano dettagliato che giustificasse l’estensione temporale dell’occupazione.

Alcuni condomini hanno segnalato che il giardino era rimasto inutilizzabile per periodi più lunghi del necessario, limitando l’accesso anche dopo la conclusione di specifiche fasi operative.

A seguito di queste circostanze, i condomini hanno agito legalmente contro l’impresa, richiedendo non solo la rimozione immediata dell’occupazione, ma anche un risarcimento danni per la temporanea privazione del diritto di godimento dell’area comune. La società appaltatrice, dal canto suo, ha sostenuto la legittimità dell’occupazione, invocando l’art. 843 del Codice Civile, che disciplina l’accesso al fondo altrui per l’esecuzione di opere necessarie, e ritenendo che l’eventuale ristoro economico dovesse limitarsi a un’indennità di occupazione e non a un risarcimento vero e proprio.

Articolo n° 843.
Accesso al fondo
Il proprietario deve permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessita’, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.
Se l’accesso cagiona danno, e’ dovuta un’adeguata indennita’.
Il proprietario deve parimenti permettere l’accesso a chi vuole riprendere la cosa sua che vi si trovi accidentalmente o l’animale che vi si sia riparato sfuggendo alla custodia. Il proprietario puo’ impedire l’accesso consegnando la cosa o l’animale. 

Ne è seguito un lungo iter processuale, che ha visto il Tribunale di Napoli emettere inizialmente un decreto ingiuntivo per il pagamento dei lavori, poi opposto dal condominio con una richiesta di revoca basata proprio sull’illegittimità dell’occupazione prolungata. La vicenda si è infine conclusa con il ricorso in Cassazione, che ha portato alla sentenza del 16 dicembre 2024.

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La decisione della cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32707 del 16 dicembre 2024, ha affrontato in modo dettagliato la questione dell’occupazione temporanea di un’area condominiale, chiarendo alcuni principi fondamentali in materia di diritto condominiale e di esecuzione dei lavori straordinari.

La Corte ha stabilito che l’occupazione di un’area privata, come il giardino condominiale, può ritenersi legittima solo se è strettamente necessaria per l’esecuzione dei lavori e se l’impresa appaltatrice rispetta specifici criteri di proporzionalità e corretta informazione ai condomini. In particolare, la Cassazione ha sottolineato come la necessità tecnica non escluda automaticamente il diritto dei condomini a ottenere un ristoro economico per la temporanea privazione del bene comune.

La sentenza ha inoltre evidenziato che:

  • Obbligo di notifica preventiva: L’impresa è tenuta a informare formalmente l’amministratore di condominio e, indirettamente, i condomini circa la necessità di occupazione dell’area, specificando motivi e durata.
  • Proporzionalità dell’occupazione: L’occupazione deve essere limitata al tempo strettamente necessario per l’esecuzione dei lavori e deve essere giustificata da esigenze tecniche documentabili.
  • Indennità di occupazione: La Cassazione ha chiarito che, anche in caso di occupazione legittima, i condomini hanno diritto a un’indennità economica per la temporanea privazione del diritto di godimento dell’area comune, a titolo di ristoro economico e non di risarcimento danni.

Il principio stabilito è quindi che l’accesso e l’occupazione temporanea di un’area condominiale, seppur giustificata da esigenze lavorative, deve avvenire nel rispetto del diritto di proprietà dei condomini e con la previsione di un compenso per il temporaneo sacrificio del godimento della cosa comune.

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Principio di indennità e non risarcimento

Uno degli aspetti più rilevanti chiariti dalla sentenza riguarda la distinzione tra indennità di occupazione e risarcimento danni. La Corte di Cassazione ha precisato che, in caso di occupazione temporanea di un’area condominiale per esigenze lavorative, non si configura automaticamente un danno risarcibile, bensì un’indennità dovuta ai condomini per la temporanea limitazione del loro diritto di godimento dell’area comune.

Cosa significa in termini pratici?
L’indennità, a differenza del risarcimento danni, non richiede la dimostrazione di un danno effettivo o di un pregiudizio economico diretto. È dovuta per il semplice fatto che i condomini, a causa dell’occupazione, non hanno potuto usufruire del giardino condominiale durante il periodo dei lavori. Questo principio si basa sul danno in re ipsa, ossia un pregiudizio che deriva automaticamente dalla privazione del bene, senza necessità di ulteriore prova.

Differenze tra indennità e risarcimento:

  • Indennità di occupazione: Dovuta per il solo fatto della limitazione dell’uso dell’area, anche in assenza di un danno concreto.
  • Risarcimento danni: Richiede la prova di un danno effettivo, come deterioramenti o perdita di valore del bene.

La Corte ha inoltre ribadito che, in simili circostanze, il riferimento normativo principale è l’articolo 843 del Codice Civile, che regola l’accesso al fondo altrui per eseguire lavori necessari, imponendo il rispetto dei principi di temporaneità e necessità.