Il condominio minimo è un edificio con due proprietari, regolato dal Codice Civile italiano e dalla legge n. 220 del 2012. La gestione delle parti comuni richiede cooperazione e può prevedere la nomina facoltativa di un amministratore.
Il concetto di condominio minimo è un aspetto specifico e spesso poco conosciuto del diritto condominiale italiano. Questo tipo di condominio si applica agli edifici con soli due proprietari e presenta regole particolari che lo differenziano dai condomini tradizionali.
La gestione delle parti comuni, i diritti e i doveri dei proprietari, e le normative applicabili sono elementi fondamentali per comprendere come funziona un condominio minimo.
Ma cosa significa esattamente condominio minimo e quali sono le sue peculiarità? Quali obblighi hanno i proprietari e come possono risolvere le controversie?
Scopriamolo insieme in questo articolo.
Sommario
Il condominio minimo si riferisce a un edificio composto da sole due unità immobiliari appartenenti a proprietari distinti. In tali situazioni, le dinamiche condominiali differiscono sensibilmente da quelle dei condomini tradizionali, dove sono coinvolti numerosi proprietari.
La gestione del condominio minimo è più semplice e diretta, in quanto le decisioni relative alle parti comuni devono essere prese di comune accordo tra i due proprietari, senza la necessità di una formale assemblea condominiale.
L’articolo 1117 del Codice Civile italiano, riformato dalla legge n. 220 del 2012, estende le disposizioni condominiali anche ai condomini minimi, stabilendo che le parti comuni (come il tetto, le scale, e le fondamenta) debbano essere gestite congiuntamente dai proprietari.
Tuttavia, non è obbligatorio redigere un regolamento condominiale formale, a meno che non sia richiesto dai proprietari stessi per disciplinare meglio la convivenza.
La legge prevede che, in caso di dissenso tra i proprietari, ciascuno possa ricorrere al giudice per risolvere le controversie relative alla gestione delle parti comuni. Inoltre, è possibile nominare un amministratore anche in un condominio minimo, sebbene non sia obbligatorio, per facilitare la gestione degli aspetti amministrativi e contabili.
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Advertisement - PubblicitàLa gestione del condominio minimo è regolata principalmente dal Codice Civile italiano e dalla legge n. 220 del 2012, nota come “Riforma del condominio“. Quest’ultima ha introdotto modifiche significative per rendere più chiara la gestione anche dei piccoli condomini, come il condominio minimo.
L’articolo 1129 del Codice Civile, ad esempio, stabilisce che la nomina di un amministratore è obbligatoria solo quando i condòmini sono più di otto. Pertanto, in un condominio minimo, la nomina di un amministratore è facoltativa, salvo diverso accordo tra i proprietari.
Tuttavia, la legge consente ai condòmini di nominare un amministratore per facilitare la gestione delle parti comuni e degli aspetti contabili.
Inoltre, l’articolo 1136 del Codice Civile disciplina le delibere dell’assemblea condominiale. Nel caso di un condominio minimo, l’assemblea non è necessaria, poiché le decisioni devono essere prese di comune accordo tra i due proprietari.
Se non si raggiunge un accordo, è possibile ricorrere all’autorità giudiziaria per risolvere le controversie.
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Advertisement - PubblicitàI proprietari di un condominio minimo hanno diritti e doveri simili a quelli dei proprietari di un condominio tradizionale, ma con alcune peculiarità. Essi sono responsabili della manutenzione e della gestione delle parti comuni dell’edificio, come il tetto, le scale, e le fondamenta.
Uno dei principali doveri è quello di contribuire alle spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni. Le spese devono essere ripartite in base ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo tra i proprietari.
Se uno dei proprietari si rifiuta di contribuire alle spese comuni, l’altro può adire le vie legali per ottenere il pagamento.
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Inoltre, i proprietari devono rispettare i diritti degli altri condòmini e non possono compiere atti che pregiudichino il godimento delle parti comuni. Ad esempio, non possono modificare le parti comuni senza il consenso dell’altro proprietario.
Advertisement - PubblicitàLa gestione delle parti comuni in un condominio minimo richiede una cooperazione stretta tra i due proprietari. Poiché non vi è l’obbligo di nominare un amministratore, le decisioni relative alla manutenzione, riparazione e miglioramento delle parti comuni devono essere prese con il consenso di entrambi i condòmini.
In caso di necessità di interventi urgenti, ciascun proprietario ha il diritto di agire autonomamente per evitare danni gravi all’edificio, informando immediatamente l’altro proprietario. Le spese sostenute per tali interventi urgenti saranno ripartite equamente tra i proprietari, in base ai millesimi di proprietà.
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La gestione ordinaria include la pulizia delle scale, la manutenzione del tetto, e la gestione delle utenze comuni, come l’illuminazione delle aree comuni. Per queste attività, i proprietari possono stabilire un fondo cassa comune, alimentato da versamenti periodici di entrambi.
Per la gestione straordinaria, come il rifacimento della facciata o il cambio della caldaia centralizzata, è necessario raggiungere un accordo tra i proprietari. Qualora non si raggiunga un accordo, uno dei proprietari può richiedere l’intervento del giudice per la risoluzione della disputa.
Advertisement - PubblicitàIl condominio minimo rappresenta una forma particolare di condominio, caratterizzata dalla presenza di soli due proprietari. La gestione delle parti comuni è semplificata rispetto ai condomini tradizionali, ma richiede comunque cooperazione e rispetto delle normative vigenti.
La legge italiana offre un quadro normativo chiaro per garantire una convivenza armoniosa e la corretta gestione delle parti comuni, tutelando i diritti e i doveri di entrambi i proprietari.
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