Il concetto di condominio implica la coesistenza di proprietà comuni e private all’interno di un edificio. Le unità abitative di proprietà esclusiva, infatti, non possono prescindere dalla presenza di aree comuni come scale, ascensori e ingressi. Questa peculiarità fa del condominio una forma di comunione forzosa: è impossibile concepirlo senza le parti comuni.
In questo contesto, una questione suscita frequentemente dubbi e discussioni: quando il tetto non è di proprietà comune?
Sommario
Il Codice 1117 del Codice civile stabilisce che il tetto sia di proprietà comune, a meno che il regolamento contrattuale non indichi il contrario.
Art. 1117.
(( (Parti comuni dell’edificio). ))
((Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:
1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le
caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di
distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche)).
Questo significa che il tetto appartiene a tutti i condomini, salvo il caso in cui questi decidano all’unanimità di attribuirlo ad uno solo di essi. È solo il regolamento contrattuale, votato all’unanimità da tutti i proprietari o stabilito inizialmente dal solo proprietario dell’edificio, che può derogare alla previsione di legge sulla natura comune del tetto.
Advertisement - PubblicitàQuando il tetto è di proprietà comune, tutti i condomini sono tenuti a contribuire alle spese di manutenzione, in proporzione al valore della proprietà di ciascuno, comunemente espresso in millesimi.
Leggi anche: I millesimi condominiali: come calcolarli, modificarli e per cosa vengono utilizzati
Questo implica che un condomino con una proprietà di maggior valore dovrà contribuire in misura maggiore alle spese del tetto. Tuttavia, la norma subisce una deroga nel caso in cui il tetto copra solo una parte del condominio. In tal caso, le spese di manutenzione saranno a carico del gruppo di condomini che ne trae beneficio.
Advertisement - PubblicitàCome anticipato, il tetto è considerato proprietà esclusiva solo quando il regolamento contrattuale stabilisce diversamente. Di norma, il tetto non è di proprietà comune quando il regolamento lo attribuisce al condomino dell’ultimo piano, ovvero colui che abita nell’unità immobiliare immediatamente sottostante al tetto.
Tuttavia, il regolamento può prevedere che il tetto sia di proprietà esclusiva di più condomini, escludendo tutti gli altri.
Advertisement - PubblicitàNel caso di un tetto non condominiale di proprietà esclusiva, si potrebbe supporre che le spese di riparazione e manutenzione siano a carico del solo proprietario.
Ma non è così.
Anche quando il tetto è di proprietà privata, esso continua a svolgere la sua funzione di copertura per l’intero edificio, portando benefici a tutti i condomini. Pertanto, le spese relative al tetto non condominiale ricadono su tutti i condomini, anche se in misura particolare.
La giurisprudenza, con la sentenza n° 85 del 16 gennaio 2020 del Tribunale di Lecce, afferma che il lastrico solare (e, per analogia, il tetto), pur essendo di proprietà esclusiva, fa parte della struttura che riguarda l’intero edificio. Pertanto, l’assemblea ha il potere di decidere interventi di manutenzione necessari.
Secondo l’articolo 1126 del Codice civile, quando l’uso del lastrico solare o di una parte di esso non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo alle spese di riparazione o ricostruzione.
Art. 1126.
(Lastrici solari di uso esclusivo).
Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non e’ comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.
I restanti due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo servita dal lastrico solare, in proporzione al valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.
Questa norma è applicabile anche al tetto, dato che le funzioni del tetto e del lastrico solare sono le stesse. Quindi, anche se il tetto non è di proprietà comune, i condomini dovranno contribuire alle spese nella misura di 2/3, lasciando la parte restante al proprietario esclusivo.
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