L’abbattimento delle barriere architettoniche è oggi un aspetto assolutamente prioritario, di cui è doveroso tener conto durante i processi di progettazione e di costruzione di un edificio. Il problema però sussiste nelle opere già realizzate.
L’abbattimento delle barriere architettoniche è oggi un aspetto assolutamente prioritario, di cui è doveroso tener conto durante i processi di progettazione e di costruzione di un edificio. Il problema però sussiste nelle opere già realizzate. Infatti, in Italia, le prime normative in merito all’abbattimento delle barriere sono nate solo negli anni ’70.
Per cui, è prevedibile capire che tale fattore non veniva considerato in precedenza. E bisogna dire che il nostro Paese, purtroppo, è ancora molto indietro riguardo all’argomento. Per saperne di più, leggi anche Barriere architettoniche, cosa dice la legge.
Che cosa accade però se la necessità di abbattere le barriere architettoniche va in contrasto con le normative edilizie relative al rispetto delle distanze comuni?
Advertisement - PubblicitàA tal proposito, la Corte di Cassazione ha di recente trattato il problema con la sentenza n.30838 del 26 novembre 2019. Si trattava di un ricorso mosso da un cittadino disabile, che si è visto negare la realizzazione di un ascensore (nel cortile interno del condominio). Perché l’opera non rispettava i limiti di distanza tra i balconi privati, e oltretutto ostacolava la veduta sulle parti comuni.
In realtà si tratta di un argomento molto delicato. In quanto, per legge, se da una parte è necessario abbattere le barriere architettoniche in favore del cittadino disabile, dall’altra parte è obbligatorio garantire anche il rispetto e i diritti di tutti gli altri condomini.
Prima di questa sentenza infatti, il cittadino aveva fatto due ricorsi, uno al Tribunale di Messina, e l’altro alla Corte di Appello di Messina. Entrambi gli furono negati. Così, ha provato a rivolgersi direttamente alla Cassazione, che ha preso una strada differente, approvando invece le richieste del cittadino.
Advertisement - PubblicitàLa Corte ha specificato infatti che la necessità di abbattere le barriere architettoniche deve essere considerato un principio di solidarietà condominiale. E che l’interesse di una persona disabile all’eliminazione delle barriere architettoniche non è mosso da un capriccio, ma dalla necessità di poter vivere dignitosamente, così come fanno tutti gli altri abitanti del condominio.
Per intenderci, la Cassazione specifica che l’installazione di un ascensore per un disabile è un bisogno e un diritto della persona. Che può essere benissimo paragonato alla necessità di avere l’elettricità o l’acqua corrente in casa. In sostanza, è un fattore che gli fornisce il sacrosanto diritto alla vivibilità e all’accessibilità, e gli permette quindi di vivere nel condominio con gli stessi diritti delle altre persone abili.
La Corte ha inoltre tenuto conto anche della sentenza di Cassazione n.18334/2012, in cui si decreta che il principio di solidarietà condominiale prevede che:
“…la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sè il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati.”
Considerando tutti i punti precedenti, la Corte di Cassazione stabilisce quindi che le disposizioni degli articoli n.907 e n.1102 del Codice Civile (che impongono il mantenimento delle distanze e delle vedute sulle parti comuni di un condominio), in casi del genere, sono surclassate da bisogni e diritti più importanti.
E che il principio di solidarietà condominiale rende legittima l’installazione dell’ascensore per disabili, anche quando questo viola le normative in vigore su distanze e vedute.
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