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I rifiuti inerti e il riutilizzo: il nuovo regolamento

Novità per il settore delle costruzioni: gli inerti che derivano da costruzione o demolizione non sono più considerati rifiuti.

A stabilirlo ufficialmente il Decreto Ministeriale n. 152 del 27 Settembre 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 246 (20 ottobre 2022), che ha chiarito quali sono i criteri per cui i rifiuti inerti che derivano dalle attività di demolizione degli immobili e costruzione (e tutti gli altri rifiuti inerti con origine minerale) non vanno qualificati come rifiuti.

Il decreto ministeriale in questione è composto da otto articoli e tre allegati.

Esso definisce:

  • Quali rifiuti sono trattati dalla normativa (con i codici di riferimento);
  • In quali casi essi non vengono più considerati rifiuti;
  • Quali finalità di utilizzo possono avere questi rifiuti;
  • Quale documentazione bisogna conservare.
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Quali rifiuti sono riutilizzabili e a quali condizioni

Per rifiuti inerti si intendono gli scarti solidi che derivano dai lavori edili di demolizione di edifici o di costruzione, purché non abbiano subito trasformazioni chimiche-fisiche.

Il regolamento classifica come riutilizzabili:

  • i rifiuti inerti che provengono dalle attività di demolizione e costruzione. Si fa riferimento ai rifiuti indicati al cap. 17 dell’Elenco europeo dei rifiuti, specificati nella prima tabella dell’Allegato 1 al decreto (si tratta ad esempio di sabbia, calcinacci, cemento e mattoni, argilla espansa, ghiaia, pezzi di intonaco, ed altri scarti della lavorazione edilizia).
  • Per “altri rifiuti inerti di origine minerale” ci si riferisce ai rifiuti indicati nella punto due della prima tabella dell’Allegato 1 al decreto.
  • Col termine “aggregato recuperato” ci si riferisce agli scarti da attività costruttive o demolitive che non sono più rifiuti inerti in quanto han subito operazioni di recupero (secondo quanto previsto dall’art. 184 ter, comma 3 lett. b) Testo Unico dell’Ambiente, d. lgs. n. 152 del 2006).

Il decreto indica all’interno dei tre allegati i requisiti che i rifiuti devono rispettare, per poter essere recuperati e lavorati; sono 29 i parametri che gli inerti devono osservare per essere considerati riutilizzabili.

L’allegato 2 elenca quali sono le possibilità di utilizzo dell’aggregato recuperato.

Viene anche specificato con norme tecniche in che modo si può utilizzare l’aggregato recuperato ed infine è disciplinata la dichiarazione di conformità, a uso degli operatori, che attesta che i criteri previsti dal regolamento per il riutilizzo dei rifiuti sono stati rispettati. Si tratta di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, che va trasmessa alle Autorità competenti e conservata per cinque anni.

Leggi anche: “Come riciclare i calcinacci in cantiere?“;

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Riutilizzo degli inerti: le precisazioni del MiTe

Il Ministero della Transizione Ecologica ha colto l’occasione per ribadire le possibilità connesse all’esistenza di un mercato per il recupero dei rifiuti inerti. I prodotti di scarto sono spesso utilizzati nelle opere ingegneristiche, in luogo della materia prima naturale.

Si tratta di rifiuti che (in quanto non abbiano subito importanti modificazioni chimiche o fisiche), possiedono valore economico, non sono biodegradabili e non risultano dannosi per la salute umana o per l’ambiente; per questo motivo vengono considerati riutilizzabili, sempre nei limiti del regolamento.

Il che comporta un vantaggio per gli operatori del settore, soprattutto a fronte della quantità di lavori di ristrutturazione o costruzione trainati dai recenti bonus di Stato (come il Superbonus).

La norma si trova nella consueta fase di monitoraggio che dura per i 180 giorni successivi all’entrata in vigore. I tecnici del ministero hanno coinvolto l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e l’Istituto Superiore di Sanità per la valutazione di quegli elementi tecnici che possono avere un impatto sulla normativa, per concordare eventuali aggiornamenti al termine del periodo di monitoraggio.