Vista la grande confusione legata all’usufrutto dei crediti d’imposta – in particolare da quando sono state introdotte le normative antifrode per via delle truffe dei crediti “inesistenti” legate al Superbonus e al Bonus Facciate – si rende necessario fornire alcuni chiarimenti.
La definizione di credito d’imposta “inesistente” è stata introdotta all’art. 13 del D.lgs. n. 471 del 18 dicembre 1997 dal Decreto di revisione del sistema sanzionatorio amministrativo, ovvero il D.lgs. n. 158 del 24 settembre 2015.
La definizione di credito d’imposta “non spettante” invece, si spiega, si deve interpretare tenendo conto della stessa definizione di credito “inesistente”, ma intesa “al contrario”.
Le sanzioni applicabili in caso di crediti inesistenti saranno chiaramente maggiori rispetto a quelle previste per l’usufrutto indebito di crediti non spettanti.
Approfondiamo di seguito.
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Sommario
Secondo la normativa vigente, si intende per credito d’imposta “inesistente”:
“[…] il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.”
In sostanza, perché un soggetto possa essere accusato di aver fruito del Superbonus (o di un altro tra i Bonus Casa che concedono la scelta delle opzioni alternative alla detrazione) mediante l’invenzione di “crediti inesistenti”, è necessario che questi crediti soddisfino entrambi i requisiti di:
Se anche uno solo tra i due requisiti non dovesse essere attribuibile al credito in oggetto, questo non potrebbe essere considerato “inesistente”.
Difatti, qualora il presupposto costitutivo del credito dovesse essere riscontrato, o l’esistenza del credito risultasse dai controlli effettuati, questo vorrebbe dire che il credito è reale – perché maturato da lavori realmente eseguiti – e pertanto non potrà essere inesistente.
La condizione di credito “non spettante”, di conseguenza, si verifica quando un credito – pur derivando da lavori realmente eseguiti – viene fruito da un contribuente in maniera indebita o errata.
Advertisement - PubblicitàAbbiamo parlato di recente dell’argomento nell’articolo: “Superbonus: sconto in fattura con errori, ravvedimento, sanzioni”, dove abbiamo trattato la risposta ad interpello n. 348 del 14 giugno 2023 dell’Agenzia delle Entrate.
Qui il Fisco spiegava che una prima interpretazione delle differenze tra le due tipologie di credito, è stata fornita con la Risoluzione n. 36/E dell’8 maggio 2018, dove si specifica che dalla “definizione normativa di credito inesistente” bisogna “a contrario, far derivare la definizione di credito non spettante”.
In sostanza, si chiarisce che per poter qualificare un credito come inesistente:
“[…] è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, «ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza», non rilevabile attraverso l’attività di controllo automatizzato o formale, in conseguenza del confronto tra i dati esposti in dichiarazione e i documenti conservati ed esibiti dal contribuente”.
Perché un credito possa essere considerato non spettante:
“[…] è necessario, invece, che la non sussistenza dei presupposti costitutivi del credito sia intercettabile in sede di controllo automatizzato o formale.”
La necessità di poter distinguere le due tipologie di crediti d’imposta, si è resa indispensabile al fine di:
Lo stesso art. 13 del D.lgs. n. 471/1997 che abbiamo visto prima, stabilisce anche le sanzioni applicabili sia per quanto riguarda i crediti inesistenti che i crediti non spettanti.
In particolare, per i casi di utilizzo indebito o errato di un credito d’imposta esistente, il comma 4 stabilisce che si debba applicare una sanzione pari al 30% dell’importo totale del credito non spettante utilizzato.
Se invece dovessero essere riscontrati dei crediti d’imposta inesistenti, la sanzione da applicare è quella stabilita al comma 5, ovvero da un minimo del 100% ad un massimo del 200% della misura dei crediti stessi.
Viene fatto presente che – per i casi di crediti d’imposta inesistenti – in nessun caso alle sanzioni può essere applicata la definizione agevolata di cui al D.lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997, all’art. 16 comma 3, e all’art. 17, comma 2.
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