Una recente ricerca ha aggiunto nuove e interessanti informazioni relative all’effettivo ritorno finanziario per le casse dello Stato della discussa misura del Superbonus 110% introdotta dal governo Conte e recentemente quasi cancellata dal nuovo esecutivo.
Una recente ricerca, condotta dagli esperti del Consiglio nazionale dei commercialisti, coadiuvato dall’omonima Fondazione, ha aggiunto nuove e interessanti informazioni relative all’effettivo ritorno finanziario per le casse dello Stato della discussa misura del Superbonus 110% introdotta dal governo Conte e recentemente quasi cancellata dal nuovo esecutivo.
L’indagine si concentra sul biennio 2020-2021 e cerca di definire l’effettivo costo per lo Stato del Superbonus, mettendo sui due piatti della bilancia entrate e uscite: se infatti, da un lato, lo Stato sostiene ingenti spese concedendo alle imprese edilizie agevolazioni economiche (sotto forma di crediti d’imposta oppure detrazioni fiscali), dall’altro i costi sostenuti dalle medesime aziende, impegnate in attività di costruzione, efficientamento energetico e ristrutturazione di edifici, comportano un significativo ritorno in termini di gettito fiscale per la collettività.
Traducendo questa equazione in cifre, prosegue l’ente dei commercialisti, per ogni euro investito da parte dello Stato si verifica un rientro di oltre quaranta centesimi: in tal modo, a fronte di una spesa lorda di circa 28 miliardi di euro per il Superbonus 110% (dati relativi al 2021), il costo netto si aggirerebbe intorno a soli 16 miliardi. Quasi la metà della cifra spesa, dunque, sarebbe tornata attraverso le tasse, grazie al cosiddetto effetto fiscale indotto.
L’analisi dello straordinario effetto espansivo della riforma porta gli esperti a suggerirne non solo la conferma per l’anno in corso, ma anche la stabilizzazione anche in ottica futura: se il bonus divenisse strutturale, insomma, lo Stato godrebbe del costante rilancio di un settore trainante dell’economia come quello edilizio, a fronte di una spesa sì alta, ma in buona parte compensata tramite i maggiori ricavi ottenuti; tornando ai numeri iniziale, ad un euro di spesa lorda corrisponderebbero circa 57 centesimi di costi netti, mentre le entrate assommerebbero a circa 43 cent, confermando la buona redditività dell’investimento.
Advertisement - PubblicitàPoiché appare chiaro, almeno stando ai dati, come il Superbonus abbia contribuito in maniera importante a migliorare il bilancio statale e soprattutto a ridare vita a un settore in profonda crisi, da più parti emergono voci che chiedono con insistenza una conferma della misura in via straordinaria, o persino il suo definitivo ingresso all’interno dei quadri legislativi in materia di costruzioni.
Di questo parere è il tesoriere del Consiglio nazionale dei commercialisti con delega all’area fiscale, Salvatore Regalbuto: a parere dell’esperto, per stabilizzare la misura e al contempo renderla più sostenibile si potrebbe pensare di ridurre la percentuale di detrazione fiscale prevista, scendendo dall’attuale 110%.
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L’estrema vantaggiosità dell’incentivo, infatti, si rivela divisiva per gli esperti: i sostenitori della riforma affermano che la possibilità di ottenere un grande risparmio abbia contribuito in modo decisivo ad attrarre gli investitori e convincere privati e imprese ad effettuare lavori affidandosi al superbonus, contribuendo inoltre all’alimentazione di un circolo virtuoso legato alle esigenze della green economy. Altri, invece, si soffermano in misura maggiore sui contro, proponendo una sostanziale revisione o la radicale cancellazione della riforma: a giudizio di questi ultimi, infatti, alla lunga essa avrebbe portato a un eccessivo ed ingiustificato aumento dei prezzi nel comparto edilizio.
Un mantenimento del bonus, mitigato con percentuali ridotte, potrebbe servire dunque a calmierare i prezzi delle prestazioni e dei materiali edilizi; ciò consentirebbe a tutto il comparto di ricevere una boccata d’ossigeno e di fermare la corsa al rialzo dei prezzi, senza tuttavia ridurre in maniera drastica la quantità degli investimenti.
L’altro punto sul quale si è soffermato Regalbuto è invece relativo alla necessità di una netta semplificazione della normativa di riferimento: il fine di tale opera di revisione legislativa sarebbe quello di agevolare tutti i professionisti coinvolti, accelerando i tempi della burocrazia e recuperando i giusti equilibri tra l’esecuzione degli opportuni controlli e ed il bisogno di ottenere un rapido sblocco dei cantieri ed un celere andamento dei lavori.