Grazie alla cessione del credito e allo sconto in fattura è diventato possibile usufruire degli incentivi in ambito edilizio anche per i soggetti che non possiedono un’imposta lorda da detrarre e che, quindi, risultano fiscalmente “incapienti”.
Con l’entrata in vigore del Decreto Rilancio (1° luglio 2020) – e per via degli effetti legati alla pandemia da Covid-19 – non solo è nata la misura sperimentale nota come “Superbonus 110%”, ma in più si è concessa la possibilità di beneficiare del maxi-incentivo per la prima volta mediante le opzioni alternative alla detrazione diretta, ovvero la cessione del credito e lo sconto in fattura.
Le opzioni alternative sono valide sia per l’utilizzo del Superbonus 110% che di molti altri Bonus casa che concedono la scelta.
Grazie alla cessione del credito e allo sconto in fattura è diventato possibile, quindi, usufruire degli incentivi in ambito edilizio anche per i soggetti che non possiedono un’imposta lorda da detrarre e che, quindi, risultano fiscalmente “incapienti”.
Tali soggetti, per poter fruire dei Bonus Casa, dovranno dimostrare solo di possedere un reddito imponibile in Italia, che potrà essere anche di importo minimo e, tra l’altro, potrà essere anche solo fondiario, ovvero derivante da un fabbricato posseduto in territorio nazionale.
La disciplina legata alla cessione del credito, in particolare, è stata modificata numerose volte e, attualmente, concede un massimo di 3 cessioni che possono essere effettuate sulla base di determinate regole.
Vediamo questa volta in che modo si debba procedere nel caso in cui un lavoratore dipendente intenda acquistare un credito d’imposta derivante da interventi Superbonus 110%.
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Advertisement - PubblicitàSi è parlato di recente dell’argomento con un nuovo quesito posto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate mediante il portale FiscoOggi.
Nello specifico, una contribuente domanda quanto segue:
“È possibile cedere la detrazione derivante dal Superbonus 110% a un lavoratore dipendente che presenta il modello 730?”
La risposta non può che essere positiva, in quanto appunto la disciplina che regolamenta il meccanismo della cessione del credito prevede attualmente che il credito derivante da Superbonus 110% o dagli altri Bonus casa che ammettono l’opzione, possa essere ceduto tre volte.
La prima cessione del credito, effettuata dal diretto beneficiario dell’agevolazione, può essere fatta a favore di tutti i soggetti, senza distinzione. Si tratta della cosiddetta cessione “jolly”, o libera, che appunto consente di vendere il credito a chiunque intenda acquistarlo.
In merito alla seconda e terza cessione dello stesso credito, invece, la normativa impone dei paletti ben precisi.
Il soggetto che acquista il credito (primo cessionario) dal beneficiario del Superbonus 110%, avrà la possibilità di effettuare la seconda cessione solo a favore di soggetti “qualificati”, ovvero:
I soggetti “qualificati” che acquistano il credito (secondo cessionario) dal primo cessionario, potranno cedere nuovamente lo stesso credito per la terza e ultima volta e, anche qui, solo a favore di altri soggetti “qualificati”.
In seguito alla terza cessione effettuata, non sarà più possibile vendere il credito, che potrà essere utilizzato esclusivamente in compensazione con il Modello F24.
Facciamo presente tuttavia che – se la Comunicazione per la prima cessione o per lo sconto in fattura è stata trasmessa a partire dal 1° maggio 2022 – le banche e le società appartenenti a gruppi bancari iscritti all’albo hanno sempre la possibilità – senza tenere conto del numero di cessioni effettivamente effettuate – di cedere il credito ai propri clienti professionali privati che hanno sottoscritto con la banca un contratto di conto corrente.
Tali clienti professionali privati non avranno la possibilità di cedere ulteriormente il credito (a prescindere da numero di cessioni) e potranno utilizzarlo solo in compensazione con l’F24.
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Advertisement - PubblicitàVisto quanto detto in riferimento alla libertà concessa per la prima cessione “jolly” – che può essere effettuata a favore di tutti i soggetti, anche persone fisiche – il Fisco fa presente quindi che anche un lavoratore dipendente (pubblico o privato) ha la possibilità di acquistare il credito d’imposta venduto dal diretto beneficiario del Superbonus 110%.
Anche un lavoratore dipendente dunque può assumere il ruolo di “primo cessionario” in riferimento ai crediti derivanti dalle agevolazioni in ambito edile.
Come accade negli altri casi, il soggetto potrà acquistare il credito esclusivamente per intero e potrà scegliere di cederlo a sua volta a favore di soli soggetti “qualificati”, sempre per intero.
Se invece il soggetto decidesse di non vendere il credito ma scegliesse di utilizzarlo personalmente, si fa presente che l’unico utilizzo possibile sarà in compensazione con l’F24.
In particolare, la contribuente ha specificato nella domanda che il futuro acquirente del credito derivante da Superbonus presenta il Modello 730, ovvero la dichiarazione dei redditi dedicata a dipendenti e pensionati.
In riferimento a ciò, il Fisco precisa appunto che sì, il soggetto dipendente potrà acquistare il credito, ma comunque potrà utilizzarlo esclusivamente in compensazione con il Modello F24, e non potrà inserirlo nel 730.
L’utilizzo del credito derivante dai bonus casa infatti può essere utilizzato, alternativamente:
Si tratta appunto di utilizzi che devono intendersi alternativi e, quindi – qualora il beneficiario diretto dell’incentivo decidesse per primo di non utilizzare il credito con la dichiarazione dei redditi ma di effettuare la prima cessione del credito a favore di soggetti terzi – vorrebbe dire che il beneficiario avrebbe scelto di utilizzare quel credito mediante cessione del credito e, pertanto, l’utilizzo con la dichiarazione dei redditi non sarebbe più possibile, né per lui né per i futuri soggetti acquirenti.
Ne deriva da questo che il soggetto che acquista il credito può scegliere di cederlo – se possibile – oppure di utilizzarlo in compensazione con l’F24, per il pagamento di tributi, contributi e premi. Non potrà invece scegliere di inserirlo nella dichiarazione dei redditi.
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