Il Bonus Prima Casa concede la possibilità di ottenere una riduzione delle imposte da pagare sugli atti relativi alla compravendita di un immobile da adibire a Prima Casa. A partire dalla Legge di Bilancio 2016, è diventato possibile beneficiare dell’incentivo più di una volta.
In particolare, tra i requisiti da rispettare per non andare incontro alla decadenza dall’agevolazione c’è quello che impone di non vendere l’immobile acquistato con il Bonus Prima Casa entro 5 anni dal rogito.
Qualora però si procedesse a cedere l’immobile prima che siano trascorsi 5 anni, è possibile continuare ad usufruire dell’incentivo se, entro 1 anno dalla vendita, il beneficiario acquista una nuova abitazione, sempre con le agevolazioni Prima Casa, e sempre da adibire a Prima Casa.
Allo stesso modo, si ritengono validi i casi in cui il beneficiario, non avendo ancora venduto la prima abitazione agevolata, procede all’acquisto di un nuovo immobile usufruendo dell’incentivo. In questi casi, sarà ammesso l’accesso solo se, entro 1 anno dall’acquisto della seconda casa agevolata, il contribuente provvede alla vendita del primo immobile.
Tolte queste eccezioni comunque, il Bonus Prima Casa mantiene sempre la regola generale in base al quale chi è già titolare di un’abitazione acquistata con le agevolazioni non può beneficiarne nuovamente, anche qualora gli venisse tolta la titolarità del bene acquistato perché assegnato all’altro coniuge in seguito alla separazione.
Approfondiamo di seguito.
Sommario
Il caso che vediamo oggi è stato affrontato di recente dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 27088 del 14 settembre 2022.
Nello specifico, un contribuente aveva beneficiato del Bonus Prima Casa per l’acquisto di un immobile da adibire a casa coniugale e Prima Casa in territorio italiano.
Successivamente però, i due coniugi si sono separati, e la casa coniugale acquistata con le agevolazioni è stata assegnata alla moglie, in quanto affidataria dei figli minorenni. L’uomo dunque, non avendo più la disponibilità abitativa del bene, aveva provveduto ad acquistarne uno nuovo, sempre usufruendo delle agevolazioni Prima Casa.
Tale ultima operazione tuttavia è stata contestata dalla CTR Umbria, che ha ritenuto che il contribuente non potesse beneficiare del Bonus Prima Casa, avendone già usufruito per l’acquisto della casa coniugale, a prescindere dal fatto che tale bene non fosse più nella sua disponibilità.
Il contribuente presentava quindi ricorso in Cassazione, dove denunciava violazione di legge da parte della CTR per via del fatto che il Bonus Prima Casa, in presenza di determinate condizioni, ammette la possibilità di acquistare un nuovo immobile con le agevolazioni qualora venisse a mancare la titolarità o la disponibilità del primo bene comprato.
L’uomo riteneva difatti di aver soddisfatto a pieno il requisito che impone che, per acquistare un immobile con il Bonus prima casa, non si debba risultare titolari del diritto di proprietà su altra abitazione acquistata con le agevolazioni.
Per l’appunto, secondo il contribuente, la “mancanza di titolarità” di un altro bene richiesta dalla normativa dovrebbe intendersi come “carenza di alloggio in grado di sopperire ai bisogni abitativi”.
Advertisement - PubblicitàIl contribuente non ha ottenuto però i risultati sperati, in quanto anche la Cassazione ha confermato quanto stabilito dalla CTR Umbria, e ha alla fine respinto il ricorso.
In base a quanto stabilito dalla normativa, le ragioni mosse dal contribuente sono in parte comprensibili. Difatti è vero che, qualora venisse a mancare la disponibilità effettiva del bene, diventerebbe possibile beneficiare nuovamente del Bonus prima Casa per acquistare un nuovo immobile dove vivere.
Qualche mese fa avevamo parlato, ad esempio, dei casi in cui un immobile acquistato con il bonus prima casa dovesse essere dichiarato inagibile in seguito al rogito. Con il Principio di diritto n. 1 del 17 marzo 2022 l’Agenzia delle Entrate aveva chiarito che in presenza di un unità inagibile acquistata con le agevolazioni, diventa possibile per il beneficiario acquistare una seconda casa senza dover obbligatoriamente vendere la prima (Approfondisci qui).
Il caso presentato alla Cassazione tuttavia è da considerarsi totalmente differente.
La Corte ricorda che il punto era già stato chiarito con l’Ordinanza n. 14673/2016, dove si sanciva una chiara interpretazione per il requisito richiesto dal Bonus Prima Casa citato nel DPR n. 131/1986, Tariffa Parte 1 Articolo 1, Nota II-bis, lettera c), ovvero:
“che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni”.
Con l’ordinanza del 2016, la Cassazione aveva stabilito che il fatto “di non essere titolare […] dei diritti di proprietà su altra casa di abitazione”, non significa per forza che il contribuente non abbia la disponibilità effettiva del bene che ha già acquistato usufruendo delle agevolazioni Prima Casa.
In particolare, era stato precisato qui che la “mancanza della disponibilità effettiva del bene” non si costituisce quando l’immobile di proprietà del contribuente viene assegnato all’ex coniuge, affidatario della prole, dopo la separazione o il divorzio.
Advertisement - PubblicitàQuanto detto sta a significare che, anche nel caso in cui un immobile acquistato da un contribuente venga assegnato all’ex-coniuge dello stesso, e quindi egli non avesse più la possibilità di utilizzarlo, comunque ne rimarrebbe il diretto proprietario.
Ne consegue da ciò che, all’atto di acquisto di un nuovo immobile, egli non potrà dichiarare di non essere già possessore di altra abitazione acquistata con le agevolazioni e quindi non potrà fruire per la seconda volta del Bonus Prima Casa.
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