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Bonus Prima Casa: ritardo ricade sul beneficiario, anche se non ha colpa

Nel caso affrontato dalla Cassazione, un contribuente aveva appunto acquistato un’abitazione con le agevolazioni concesse dal Bonus Prima Casa.

Bonus Prima Casa: ritardo ricade sul beneficiario, anche se non ha colpaBonus Prima Casa: ritardo ricade sul beneficiario, anche se non ha colpa
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Come sappiamo, il Bonus Prima Casa prevede dei precisi requisiti da rispettare. Tra gli altri, quello che impone che, in caso di vendita dell’immobile acquistato con le agevolazioni d’imposta, per continuare a beneficiarne si debba acquistare una nuova abitazione entro un anno dalla vendita della prima.

Si tratta di un principio fermo che non ammette eccezioni, così come ribadito di recente dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10562 del 1° aprile 2022. Qui nello specifico viene chiarito che, anche nel caso in cui il requisito non fosse rispettato per via di “cause maggiori” non imputabili al beneficiario, comunque il ritardo comporterebbe per lui la decadenza del Bonus Prima Casa.

Approfondiamo di seguito.

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Bonus Prima Casa: ritardo imputabile a “forza maggiore”

Nel caso affrontato dalla Cassazione, un contribuente aveva appunto acquistato un’abitazione con le agevolazioni concesse dal Bonus Prima Casa.

Successivamente, aveva provveduto a vendere tale immobile per poi procedere con la stipula di un contratto preliminare per acquistarne un secondo sempre con la riduzione delle imposte, entro un anno dalla vendita del primo.

In seguito a ciò, il contribuente si vide arrivare un avviso di liquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, dove si disponeva la decadenza dall’incentivo per:

  1. Avere venduto la prima abitazione acquistata entro il termine di 5 anni;
  2. Avere acquistato una nuova abitazione con le agevolazioni Prima Casa in seguito alla scadenza del termine di 1 anno concesso a partire dalla vendita del primo.

Il contribuente decise allora di impugnare l’avviso, specificando che il ritardo nel nuovo acquisto fosse dovuto all’inadempienza della società venditrice. A detta del beneficiario infatti, sarebbe la società a non avergli consegnato in tempo l’immobile, sforando inoltre la data di consegna fissata nel contratto preliminare.

La Commissione tributaria provinciale in primo grado accolse l’appello, ritenendo che il ritardo fosse imputabile a cause di forza maggiore, e non dovesse pertanto essere considerato come motivo di decadenza dal beneficio ai danni del contribuente.

La sentenza di primo grado venne inoltre confermata anche dal giudice d’appello, ma in seguito il Fisco ricorse alla Corte di Cassazione, dove il giudizio è stato appunto completamente ribaltato.

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Solo il rogito definitivo ha poteri traslativi della proprietà

La Cassazione, con l’ordinanza del 1° aprile 2022, ha appunto chiarito che le agevolazioni concesse dal Bonus Prima Casa decadono nel caso in cui non risultassero soddisfatti i requisiti in base ai quali:

  • Non si può vendere il primo immobile acquistato coi benefici entro 5 anni dall’acquisto, a meno che non se ne acquisti uno nuovo entro 1 anno dalla vendita del primo;
  • Non si può acquistare un secondo immobile se si è già usufruito dell’agevolazione per il primo acquisto, a meno che non si provveda, entro un anno dal nuovo acquisto, a vendere la prima abitazione acquistata.

Sulla base del ragionamento della Corte, non assume alcuna rilevanza il fatto che il ritardo possa essere imputabile alla società venditrice.

Si osserva infatti come il contratto preliminare di acquisto produca solo effetti obbligatori, mentre non ha alcun “potere” nel processo di trasferimento della proprietà dell’immobile, cosa che avviene esclusivamente con la firma del rogito definitivo.

Nel caso in questione non esisteva ancora alcun contratto definitivo tra le due parti, ma solo un contratto preliminare che prevedeva la data di consegna coincidente con il termine di un anno.

La scadenza di un anno si basa però sull’effettivo acquisto dell’immobile, e non sulla stipula di un contratto preliminare che non comporta effetti traslativi della proprietà.

Leggi anche: “Preliminare di compravendita: possibile cancellazione d’urgenza

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Bonus Prima Casa: cause di forza maggiore “si legano” solo al contratto definitivo

Già di per sé, la Corte ritiene che tale ragione possa bastare per accogliere il ricorso del Fisco. In più però, ci si sofferma anche sulla definizione di “causa di forza maggiore”, adottata dal contribuente come motivazione del ritardo.

A proposito di ciò, si dispone che effettivamente esiste una specifica condizione che impedisce la decadenza dal Bonus Prima Casa nel caso in cui i requisiti richiesti non fosse stati rispettati per motivazioni esterne non imputabili al beneficiario.

Tali motivazioni però, spiega la Corte, devono essere intese come ostacoli oggettivi, caratterizzati dal concetto basilare di “non imputabilità” al beneficiario, ma anche da due ulteriori principi: l’inevitabilità e l’imprevedibilità.

Viene chiarito innanzitutto che quella di ricorrere al contratto preliminare è stata una scelta dello stesso contribuente. Egli, pertanto:

ha accettato l’alea contrattuale per cui, per effetto degli inadempimenti della controparte – eventi che non si possono considerare imprevedibili e inattesi – il passaggio di proprietà poteva protrarsi oltre l’anno dalla precedente vendita.

In ogni caso il discorso di base è sempre lo stesso, a prescinder se le condizioni di imprevedibilità sussistano o meno. I connotati e gli adempimenti richiesti non hanno alcun effetto sul contratto preliminare.

Leggiamo infatti che:

Una ipotesi di inadempimento della controparte degli obblighi derivanti dal contratto preliminare non presenta i connotati dell’oggettività, inevitabilità e imprevedibilità e, quindi, non può essere configurata alla stregua di una causa di forza maggiore.

Leggi anche: “Bonus Prima Casa: recupero bonus dopo averci rinunciato, è possibile?



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Autore: Redazione Online

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