L’agevolazione “prima casa” rappresenta un’opportunità importante per chi intende acquistare la propria abitazione principale, garantendo vantaggi fiscali significativi. Tuttavia, come chiarito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20673 del 25 luglio 2024, non sempre è possibile usufruirne, specialmente in caso di particolari operazioni immobiliari come il trasferimento dell’immobile a un mandatario.
Ma in quali casi l’agevolazione non è concessa? Quali sono le implicazioni legali di questa decisione?
Approfondiamo la questione.
Sommario
La storia inizia il 27 ottobre 2006, quando la contribuente acquista una casa avvalendosi dell’agevolazione “prima casa”, prevista dalla normativa vigente, che consente una riduzione dell’imposta di registro e di altre imposte collegate. L’acquisto rientra tra quelli disciplinati dall’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 131/1986, che regola i benefici fiscali per chi acquista la propria abitazione principale.
Anni dopo, il 22 luglio 2013, la contribuente decide di conferire al fratello un mandato senza rappresentanza, con l’obiettivo di far vendere l’immobile acquistato nel 2006. Nel contesto di questo mandato, l’immobile viene trasferito al fratello, un atto puramente strumentale, che ha lo scopo di facilitare la vendita a un terzo acquirente.
Tuttavia, questa operazione è avvenuta in un contesto temporale molto ristretto, e solo due giorni dopo, il 24 luglio 2013, la stessa contribuente ha acquistato una nuova abitazione, chiedendo nuovamente di usufruire dell’agevolazione “prima casa”.
Questo passaggio di proprietà e l’acquisto ravvicinato hanno immediatamente suscitato sospetti.
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Advertisement - PubblicitàA fronte di questa operazione inusuale, l’ufficio territoriale presso cui sono stati registrati gli atti ha iniziato un’indagine, notando il brevissimo lasso di tempo tra la stipula del mandato di vendita e il nuovo acquisto dell’abitazione. Tale tempistica ha fatto sorgere dubbi sulla legittimità dell’operazione e sulle reali motivazioni economiche alla base del trasferimento dell’immobile al fratello.
L’ufficio ha quindi inviato alla contribuente un invito a comparire per fornire chiarimenti e spiegare le ragioni alla base del mandato senza rappresentanza e del successivo acquisto.
Dopo aver valutato le spiegazioni fornite dalla contribuente, l’ufficio ha ritenuto che queste non fossero sufficienti a giustificare l’intera operazione.
Di conseguenza, ha notificato un avviso di revoca delle agevolazioni “prima casa” per l’acquisto effettuato il 24 luglio 2013, sostenendo che l’operazione, pur essendo formalmente legittima, era volta esclusivamente a ottenere un vantaggio fiscale indebito.
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Advertisement - PubblicitàL’ufficio territoriale ha motivato la sua decisione richiamando l’articolo 10-bis della legge n. 212/2000, il cosiddetto “Statuto del contribuente”, che regola l’abuso del diritto in ambito fiscale.
Secondo questa norma, è considerato abuso del diritto il ricorso a strumenti giuridici che, pur formalmente legittimi, hanno come unico scopo quello di ottenere un vantaggio fiscale non giustificato da reali motivazioni economiche. L’operazione messa in atto dalla contribuente, seppur in apparenza lecita, era stata considerata priva di sostanza economica e finalizzata esclusivamente a eludere le imposte, ottenendo in modo indebito l’agevolazione “prima casa” sul nuovo acquisto.
L’ufficio, quindi, ha proceduto a recuperare le imposte ordinarie dovute, sia per quanto riguardava la registrazione dell’atto di compravendita, sia per il mutuo contratto dalla contribuente per l’acquisto del nuovo immobile.
Advertisement - PubblicitàLa questione è arrivata infine alla Corte di Cassazione, che ha confermato la legittimità dell’operato dell’ufficio. I giudici della Suprema Corte hanno richiamato un principio già consolidato, secondo il quale il trasferimento di un immobile dal mandante al mandatario, nell’ambito di un mandato senza rappresentanza, ha carattere meramente strumentale, provvisorio e fiduciario.
In altre parole, questo tipo di trasferimento non determina un reale arricchimento del mandatario, che è solo formalmente intestatario del bene. Il mandatario, infatti, ha l’obbligo di trasferire l’immobile a un terzo acquirente, confermando così la natura temporanea della sua titolarità.
La Corte ha paragonato questo trasferimento a quello che avviene in un trust, dove il trustee detiene la proprietà del bene solo a fini fiduciari e provvisori, per poi trasferirlo ai beneficiari finali. Questo paragone ha permesso di chiarire ulteriormente che il trasferimento dell’immobile al fratello della contribuente non aveva comportato un reale spossessamento del bene.
La Corte di Cassazione ha inoltre ribadito il concetto di abuso del diritto, confermando che l’operazione effettuata dalla contribuente era mirata esclusivamente a ottenere un vantaggio fiscale non legittimo. Sebbene il trasferimento dell’immobile al mandatario fosse formalmente valido, il suo scopo reale era quello di aggirare i requisiti per ottenere nuovamente l’agevolazione “prima casa” in occasione del successivo acquisto immobiliare.
Il fatto che la contribuente avesse dichiarato di non possedere altri immobili idonei all’abitazione, pur avendo trasferito solo formalmente la proprietà al fratello, ha costituito una violazione delle regole.
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La Suprema Corte ha dunque confermato la decadenza delle agevolazioni fiscali, sancendo che la proprietà sostanziale dell’immobile non era mai stata effettivamente trasferita. Questa decisione, come già accaduto in casi analoghi, ha ribadito il divieto per il contribuente di utilizzare strumenti giuridici solo per ottenere benefici fiscali, senza una reale giustificazione economica.
Advertisement - PubblicitàCon la sua sentenza, la Corte di Cassazione (ordinanza n. 20673 del 25 luglio 2024) ha definitivamente chiarito che, in materia di benefici fiscali “prima casa”, il trasferimento temporaneo e fiduciario di un immobile a un mandatario non libera il mandante dalla titolarità sostanziale del bene.
Di conseguenza, il successivo acquisto di una nuova abitazione, con la richiesta di agevolazioni fiscali, è considerato abuso del diritto, ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 212/2000.
In sostanza, la Corte ha stabilito che la contribuente, nonostante il formale trasferimento dell’immobile al fratello, continuava a essere proprietaria del bene e, quindi, non poteva beneficiare nuovamente delle agevolazioni per l’acquisto di una seconda abitazione.
Questa decisione non solo conferma l’orientamento già espresso in precedenti casi analoghi, ma rafforza il principio generale che vieta al contribuente di sfruttare artificiosamente gli strumenti giuridici per ottenere vantaggi fiscali indebiti. La pronuncia della Cassazione, infatti, si inserisce in un quadro normativo sempre più volto a contrastare l’elusione fiscale e a tutelare la trasparenza delle operazioni immobiliari.
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