La sentenza del TAR Campania conferma la sanzione massima per abuso edilizio su area vincolata, ribadendo la severità delle norme urbanistiche e la legittimità dell’acquisizione comunale delle opere non demolite.
L’abuso edilizio è una problematica ricorrente in Italia, con conseguenze che possono variare dalla demolizione delle opere irregolari all’applicazione di pesanti sanzioni pecuniarie. Spesso, chi realizza costruzioni abusive spera in una futura sanatoria, ma la normativa vigente impone controlli severi da parte dei Comuni e delle autorità competenti.
Una recente sentenza del TAR Campania ha affrontato proprio un caso di abuso edilizio, chiarendo i confini entro cui l’amministrazione può agire e la legittimità delle sanzioni imposte.
Quali sono i limiti della confisca di un immobile? Le sanzioni amministrative devono sempre seguire il principio di proporzionalità?
Scopriamo insieme i dettagli della vicenda.
Sommario
La vicenda ha avuto origine quando il Comune ha emesso un’ordinanza di demolizione nei confronti del proprietario di un immobile situato a Marano di Napoli. L’abuso edilizio contestato riguardava la realizzazione di una veranda di 24 mq su un lastrico solare, costruita in assenza dei necessari permessi urbanistici.
L’ordinanza di demolizione, notificata nel 2020, imponeva al proprietario di ripristinare lo stato dei luoghi entro un termine prestabilito.
Tuttavia, il destinatario del provvedimento non ha provveduto alla demolizione entro i tempi stabiliti. Di conseguenza, nel 2022, il Comune ha adottato un nuovo provvedimento, dichiarando l’inottemperanza all’ordine di demolizione. In base all’art. 31 del DPR 380/01, quando un’opera abusiva non viene rimossa spontaneamente, l’amministrazione comunale può acquisirla automaticamente al proprio patrimonio e disporne la demolizione a spese del responsabile dell’abuso.
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Nel caso specifico, il Comune non solo ha disposto l’acquisizione della veranda abusiva, ma anche dell’intero lastrico solare su cui era stata realizzata, motivando la decisione con la necessità di eseguire i lavori di demolizione. Questo punto è stato oggetto di contestazione da parte del proprietario, che ha ritenuto sproporzionata l’acquisizione di un’area più ampia rispetto all’abuso contestato.
Parallelamente, l’amministrazione comunale ha irrogato una sanzione pecuniaria di 20.000 euro, calcolata in base ai criteri stabiliti da un regolamento comunale del 2016. L’importo si è successivamente aggravato a 26.000 euro per il mancato pagamento nei termini previsti, portando all’emissione di una cartella esattoriale da parte del Comune.
A questo punto, il proprietario ha deciso di impugnare l’ordinanza di acquisizione, il provvedimento sanzionatorio e la cartella di pagamento davanti al TAR Campania, sollevando una serie di contestazioni legali.
Advertisement - PubblicitàIl ricorrente ha contestato la decisione del Comune sotto diversi profili, ritenendola eccessiva e non adeguatamente motivata. Uno degli aspetti più criticati è stata l’acquisizione non solo della veranda abusiva, ma anche dell’intero lastrico solare.
Secondo la difesa, il provvedimento avrebbe dovuto limitarsi all’opera abusiva e non estendersi a una parte dell’edificio che non era direttamente coinvolta nella violazione edilizia. Il Comune ha giustificato questa scelta con la necessità di procedere alla demolizione, ma per il ricorrente si è trattato di un abuso di potere, non essendoci un motivo chiaro per l’inclusione di un’area così estesa.
Un altro punto controverso riguarda la decisione dell’amministrazione di subordinare la restituzione del lastrico solare al pagamento della sanzione pecuniaria. Secondo il ricorrente, questa condizione sarebbe priva di una base giuridica chiara, in quanto la normativa vigente non prevede espressamente un vincolo del genere. Questa scelta amministrativa avrebbe creato un ulteriore ostacolo, rendendo di fatto la restituzione dell’area dipendente dal versamento della somma richiesta.
La sanzione pecuniaria di 20.000 euro, successivamente aumentata a 26.000 euro, è stata un altro elemento di forte contestazione. Il ricorrente ha sostenuto che l’importo stabilito fosse sproporzionato rispetto all’entità dell’abuso e che l’amministrazione non avesse fornito una motivazione adeguata per l’applicazione della cifra massima prevista dal regolamento comunale.
A supporto di questa tesi, è stato evidenziato che la stessa normativa comunale prevede diversi livelli di sanzione in base alla gravità dell’abuso, e in questo caso non era stato chiarito il motivo per cui fosse stata applicata la soglia più alta.
Infine, il ricorrente ha richiamato il principio di proporzionalità, sostenendo che l’operato del Comune non avesse rispettato i criteri di ragionevolezza richiesti dalla legge. A suo dire, l’amministrazione avrebbe dovuto valutare con maggiore attenzione l’impatto delle misure adottate e fornire una giustificazione più dettagliata per le scelte compiute. Questi elementi hanno rappresentato il fulcro del ricorso, con il quale si è chiesto al TAR di annullare sia l’ordinanza di acquisizione che la sanzione amministrativa.
Advertisement - PubblicitàIl Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con la sentenza n. 1124 del 10 febbraio 2025, ha esaminato nel merito le contestazioni sollevate dal ricorrente, giungendo a una decisione articolata. Una parte del ricorso è stata dichiarata improcedibile, mentre la restante è stata respinta, confermando di fatto la legittimità della sanzione imposta dal Comune.
Per quanto riguarda l’acquisizione del lastrico solare, il TAR ha rilevato che il ricorrente stesso, durante il procedimento, ha dichiarato di non avere più interesse alla decisione su questo punto. Di conseguenza, il tribunale ha preso atto della rinuncia e ha dichiarato improcedibili le relative contestazioni. Questo significa che il provvedimento di acquisizione, anche se contestato inizialmente, non è stato più oggetto di discussione nel giudizio finale.
Diversa è stata la valutazione sul tema della sanzione pecuniaria. Il TAR ha respinto le contestazioni avanzate dal ricorrente, ritenendo che l’importo di 20.000 euro fosse legittimo. Il tribunale ha evidenziato come l’abuso edilizio fosse stato realizzato in un’area soggetta a vincolo paesaggistico e idrogeologico, un elemento che, secondo l’art. 31, comma 4-bis, del DPR 380/2001, giustifica l’applicazione della sanzione nella misura massima.
Inoltre, il regolamento comunale stabilisce chiaramente che per gli abusi realizzati in aree con particolari vincoli ambientali o di sicurezza la sanzione deve essere applicata nella sua totalità.
Alla luce di queste considerazioni, il TAR ha stabilito che il Comune ha operato correttamente, seguendo le normative vigenti. Di conseguenza, il ricorso relativo alla sanzione è stato respinto e il proprietario dell’immobile dovrà pagare l’importo richiesto.