La sentenza del TAR Campania conferma la demolizione di un soppalco abusivo, chiarendo che la SCIA in sanatoria non sana automaticamente l’abuso edilizio senza un provvedimento esplicito dell’amministrazione.
Le costruzioni abusive rappresentano un tema ricorrente nel panorama dell’edilizia italiana, spesso oggetto di contenziosi tra cittadini, imprese e amministrazioni comunali. La recente sentenza del TAR Campania n. 854/2025 offre un’importante interpretazione delle normative in materia di abusi edilizi e delle procedure di sanatoria.
Il caso in esame riguarda la realizzazione di un soppalco di 100 mq all’interno di un capannone industriale, costruito senza un titolo edilizio preventivo. Il Comune ha emesso un’ordinanza di demolizione, impugnata dalla società costruttrice, la quale ha sostenuto la validità della SCIA in sanatoria e dell’autorizzazione sismica ottenuta successivamente.
Tuttavia, il TAR ha confermato la demolizione, ribadendo i principi chiave della disciplina urbanistica.
Ma cosa stabilisce esattamente questa sentenza? Quali sono le implicazioni per i proprietari e le imprese che si trovano in situazioni simili?
Sommario
La vicenda ha origine da un provvedimento del Comune con cui si disponeva la demolizione di un soppalco di 100 mq realizzato all’interno di un capannone industriale senza un valido titolo edilizio. L’ingiunzione di demolizione, notificata al proprietario della struttura, ha portato la società responsabile delle opere a presentare un ricorso presso il TAR Campania, chiedendo l’annullamento del provvedimento comunale.
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Nel suo ricorso, la società ha sostenuto che l’ordine di demolizione fosse illegittimo per tre motivi principali.
Il primo riguardava la presunta violazione del diritto di difesa, in quanto l’ordinanza non era accompagnata dalla relazione di sopralluogo, che avrebbe permesso alla società di analizzare e contestare le accuse mosse dall’amministrazione.
Il secondo motivo era legato alla presunta doppia conformità dell’opera, ovvero alla compatibilità dell’intervento con le normative urbanistiche sia al momento della costruzione sia al momento della richiesta di sanatoria.
Infine, il terzo punto su cui si basava il ricorso riguardava l’ottenimento di un’autorizzazione sismica e la presentazione di una SCIA in sanatoria, elementi che, secondo la società, avrebbero dovuto portare all’annullamento dell’ordinanza di demolizione.
Tuttavia, nel corso del giudizio, il Comune non si è costituito in giudizio, lasciando al TAR il compito di valutare esclusivamente sulla base della documentazione presentata dalla parte ricorrente. Questo aspetto, sebbene possa sembrare a favore della società, non ha influito sull’esito finale, poiché il tribunale ha esaminato direttamente la legittimità dell’ordinanza di demolizione alla luce della normativa vigente, senza necessità di ulteriori chiarimenti da parte dell’amministrazione comunale.
Alla luce di questi elementi, il TAR ha quindi emesso una decisione destinata a fare scuola in materia di abusi edilizi e sanatorie, stabilendo principi chiave sulla validità della SCIA in sanatoria e sui limiti dell’autorizzazione sismica rispetto alla disciplina urbanistica.
Advertisement - PubblicitàIl TAR Campania, con la sentenza n. 854/2025, ha respinto il ricorso, confermando la legittimità dell’ordinanza di demolizione. Secondo i giudici, l’opera contestata è stata realizzata in assenza di un valido titolo edilizio, condizione che la rende abusiva a tutti gli effetti.
La società ricorrente aveva presentato una SCIA in sanatoria, ma questo strumento non è sufficiente per sanare automaticamente l’abuso, poiché è necessario un provvedimento esplicito da parte dell’amministrazione che attesti la conformità dell’opera alle normative vigenti. Nel caso in esame, il Comune non aveva espresso alcun parere in merito, lasciando quindi invariata la situazione di irregolarità.
Un altro punto centrale della decisione riguarda l’autorizzazione sismica ottenuta successivamente dalla società, che secondo il TAR non può essere considerata un elemento valido per giustificare l’intervento edilizio. Questo tipo di autorizzazione, infatti, ha il solo scopo di verificare la sicurezza strutturale dell’opera e non sostituisce il titolo edilizio necessario per la legittima realizzazione dei lavori.
I giudici hanno inoltre chiarito che la SCIA in sanatoria non equivale a una regolarizzazione automatica dell’abuso, a meno che l’opera non rispetti il principio della doppia conformità, ovvero la compatibilità sia con la normativa vigente al momento della costruzione, sia con quella in vigore al momento della richiesta di sanatoria. Inoltre, a differenza di altri strumenti normativi, come l’accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. 380/2001, la SCIA in sanatoria non prevede il diniego implicito in caso di silenzio dell’amministrazione.
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Questo significa che, in assenza di una risposta esplicita da parte del Comune, l’abuso edilizio non può considerarsi sanato e l’ordinanza di demolizione resta valida.
Infine, il TAR ha sottolineato che la presentazione di una SCIA in sanatoria non annulla automaticamente un’ordinanza di demolizione, ma ne sospende solo gli effetti fino alla conclusione del procedimento amministrativo. Se il Comune dovesse negare la sanatoria, la demolizione dell’opera riprenderebbe vigore senza necessità di ulteriori provvedimenti.
Advertisement - PubblicitàIl caso analizzato dimostra come la realizzazione di un’opera senza un permesso di costruire esponga i proprietari e le imprese a provvedimenti di demolizione, che non possono essere automaticamente annullati dalla successiva presentazione di una SCIA in sanatoria.
Per i cittadini e gli imprenditori del settore, è fondamentale comprendere che la SCIA in sanatoria non rappresenta una soluzione immediata e garantita per la regolarizzazione di un abuso edilizio. Affinché un intervento possa essere sanato, deve rispettare il requisito della doppia conformità, ossia essere compatibile sia con la normativa vigente al momento della sua realizzazione, sia con quella in vigore al momento della richiesta di sanatoria. Inoltre, è indispensabile attendere una risposta esplicita dell’amministrazione comunale, poiché il semplice silenzio non equivale a un’accettazione tacita.
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Un altro elemento da considerare è l’autorizzazione sismica, che, come evidenziato dal TAR, non sostituisce il titolo edilizio. Questo significa che, anche se un’opera è stata ritenuta conforme alle norme sulla sicurezza strutturale, ciò non implica automaticamente che possa essere considerata legittima dal punto di vista urbanistico.
In termini pratici, questa sentenza sottolinea l’importanza di agire preventivamente, richiedendo tutti i titoli edilizi necessari prima di avviare qualsiasi intervento. L’idea di procedere alla costruzione di un’opera e cercare di sanarla successivamente può rivelarsi rischiosa, in quanto le amministrazioni comunali hanno il potere di negare la regolarizzazione, rendendo inevitabile la demolizione delle opere abusive.