Il TAR Lazio ha confermato che l’abuso edilizio è sempre perseguibile, indipendentemente dalle necessità personali e dal tempo trascorso. Nessun affidamento è possibile sulla permanenza dell’abuso. Legalità urbanistica sempre prioritaria.
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha recentemente emesso una sentenza di grande rilevanza per il settore dell’edilizia e della normativa urbanistica. Con la decisione n. 2581/2025, i giudici hanno ribadito che l’abuso edilizio non può essere giustificato da esigenze personali, neanche in presenza di gravi necessità abitative.
Il caso esaminato riguardava un immobile a Roma, dove erano state realizzate opere abusive per adattare la destinazione d’uso dell’edificio a favore di un familiare invalido. I proprietari avevano presentato ricorso contro l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune, sostenendo la legittimità della loro modifica.
Tuttavia, il TAR ha respinto il ricorso, affermando che l’illecito edilizio è sempre perseguibile e non può essere sanato sulla base di motivazioni personali.
Ma quali sono le implicazioni di questa sentenza? Cosa devono sapere i cittadini che si trovano in situazioni simili?
Scopriamolo nel dettaglio.
Sommario
Il ricorso esaminato dal TAR Lazio riguardava un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune di Roma nei confronti di alcune opere abusive realizzate su un immobile situato in città. I proprietari dell’edificio avevano modificato la destinazione d’uso di una porzione dell’immobile per adattarla alle esigenze abitative di un familiare invalido.
Tuttavia, queste modifiche erano state effettuate in assenza di titoli edilizi idonei, configurando così un abuso edilizio.
Di fronte all’ordine di demolizione imposto dall’amministrazione comunale, i ricorrenti avevano deciso di presentare ricorso al TAR, sollevando diversi motivi di impugnazione. Tra le principali argomentazioni addotte, figurava la necessità di garantire una soluzione abitativa adeguata al familiare con disabilità, una circostanza che – a loro avviso – avrebbe dovuto essere valutata dall’ente pubblico prima di adottare il provvedimento sanzionatorio.
Inoltre, i ricorrenti sostenevano che l’amministrazione non avesse considerato il fatto che l’immobile era in procinto di essere regolarizzato e diviso formalmente tra più soggetti.
Un ulteriore motivo di impugnazione riguardava il fattore temporale: secondo i ricorrenti, l’abuso edilizio era stato realizzato molti anni prima e, in virtù del lungo tempo trascorso senza interventi repressivi da parte del Comune, l’ordinanza di demolizione avrebbe dovuto essere ritenuta illegittima. A loro avviso, il silenzio dell’amministrazione nel corso degli anni avrebbe consolidato una sorta di affidamento alla stabilità della situazione esistente, impedendo un intervento repressivo tardivo.
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Il Comune di Roma, dal canto suo, ha respinto queste contestazioni, ribadendo che l’intervento edilizio contestato era stato realizzato senza alcuna autorizzazione e che la legge impone la rimozione delle opere abusive, indipendentemente dalle motivazioni che hanno portato alla loro realizzazione. Inoltre, ha sottolineato che la normativa urbanistica non riconosce il cosiddetto “abuso di necessità” come elemento idoneo a giustificare la violazione delle regole edilizie.
Dopo aver esaminato gli atti e ascoltato le parti in causa, il TAR Lazio ha deciso di respingere il ricorso, confermando la legittimità dell’ordinanza di demolizione emessa dal Comune e ribadendo alcuni principi chiave in materia di abusi edilizi e tutela dell’assetto urbanistico.
Advertisement - PubblicitàUno degli aspetti più rilevanti della sentenza del TAR Lazio riguarda il principio dell’“abuso di necessità”. I ricorrenti avevano sostenuto che la modifica dell’immobile fosse stata realizzata per rispondere a esigenze abitative urgenti, legate alla presenza di un familiare invalido. Secondo loro, questa circostanza avrebbe dovuto essere considerata dall’amministrazione comunale prima di emettere l’ordinanza di demolizione.
Tuttavia, il TAR ha respinto questa argomentazione, affermando con chiarezza che l’ordinamento giuridico italiano non riconosce il cosiddetto “abuso di necessità” come una giustificazione valida per la realizzazione di opere abusive.
Questo significa che, anche in presenza di motivazioni personali o familiari di estrema rilevanza, non è possibile derogare alle norme urbanistiche ed edilizie.
La sentenza sottolinea che il diritto all’abitazione e il rispetto delle esigenze personali, seppur tutelati dall’ordinamento, non possono prevalere sulla necessità di garantire la legalità edilizia e urbanistica. In altre parole, la normativa vigente stabilisce che il rispetto delle regole edilizie ha una funzione di interesse generale, mirata a tutelare il corretto sviluppo del territorio e a prevenire il proliferare di costruzioni abusive che potrebbero compromettere il decoro urbano, la sicurezza e l’assetto urbanistico delle città.
Inoltre, il TAR ha evidenziato che, in casi particolari, l’ordinamento prevede strumenti alternativi per garantire il diritto all’abitazione a persone con difficoltà, come l’accesso a soluzioni abitative pubbliche o misure di sostegno per l’adeguamento di immobili nel rispetto della normativa vigente. Tuttavia, questi strumenti devono essere richiesti per via ordinaria e non possono in alcun modo giustificare l’esecuzione di opere abusive senza autorizzazione.
Advertisement - PubblicitàUn altro aspetto centrale affrontato nella sentenza riguarda il carattere permanente dell’abuso edilizio. I ricorrenti avevano sostenuto che le opere contestate erano state realizzate molto tempo prima e che il lungo periodo trascorso senza che l’amministrazione comunale intervenisse avrebbe dovuto impedire l’adozione dell’ordinanza di demolizione.
Il TAR ha però rigettato questa argomentazione, chiarendo che l’abuso edilizio ha una natura giuridica permanente, il che significa che l’illecito rimane perseguibile indipendentemente dal tempo trascorso dalla sua realizzazione.
In altri termini, non esiste una sorta di “prescrizione” dell’abuso edilizio che possa impedire all’amministrazione di intervenire anche a distanza di anni.
Questa posizione si basa su un principio consolidato nella giurisprudenza amministrativa: finché una costruzione abusiva esiste e non viene regolarizzata attraverso gli strumenti previsti dalla legge (come il condono edilizio, ove applicabile), il Comune mantiene il potere-dovere di ripristinare la legalità urbanistica. Anche se l’abuso è stato tollerato per anni o non è stato scoperto subito, ciò non lo rende automaticamente legittimo.
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A rafforzare questa interpretazione vi è il fatto che la normativa urbanistica stabilisce chiaramente l’obbligo per le amministrazioni locali di vigilare sul territorio e di intervenire per contrastare gli abusi edilizi. L’obiettivo è garantire il rispetto del piano regolatore e delle norme edilizie, prevenendo situazioni di degrado urbano e garantendo la sicurezza delle costruzioni.
Il TAR ha quindi ribadito che il Comune di Roma aveva piena legittimità ad emettere l’ordinanza di demolizione, indipendentemente dall’epoca in cui erano state realizzate le opere abusive. Inoltre, ha sottolineato che il trascorrere del tempo non può mai legittimare una violazione urbanistica, né creare un diritto a mantenere un immobile in condizioni di irregolarità.