La sentenza del TAR Salerno ribadisce che opere come soppalchi di dimensioni rilevanti richiedono permessi di costruire e che i Comuni hanno l’obbligo di intervenire contro gli abusi edilizi, anche reiterando provvedimenti precedentemente annullati. La SCIA non è uno strumento idoneo a regolarizzare trasformazioni urbanistiche significative.
La recente sentenza n. 2178/2024 del TAR Campania – sezione di Salerno – riporta al centro dell’attenzione il tema degli abusi edilizi, soffermandosi sul delicato equilibrio tra diritti dei cittadini e obblighi delle amministrazioni locali. Al centro della vicenda, un soppalco realizzato senza le necessarie autorizzazioni, per il quale il Comune ha emesso un’ordinanza di demolizione.
Il caso ha sollevato questioni rilevanti: quando un’opera edilizia, come un soppalco, può essere considerata abusiva? Quali sono i parametri che distinguono una modifica minore da una trasformazione rilevante per l’urbanistica?
La sentenza non solo definisce il quadro normativo applicabile, ma chiarisce anche i poteri e i limiti dell’azione amministrativa contro gli abusi.
Sommario
Il caso analizzato dal TAR Campania ruota attorno alla realizzazione di un soppalco all’interno di un’abitazione privata, considerato dal Comune come opera abusiva. Secondo le rilevazioni tecniche, il soppalco occupava una superficie di circa 50 metri quadrati, con un’altezza interna di 2,65 metri, ed era dotato di pavimentazione, tramezzi, impianti elettrici e idraulici, oltre a una scala interna di accesso.
Tali caratteristiche lo rendevano una struttura autonoma e non una semplice modifica interna.
Il Comune di Scafati, dopo aver ricevuto segnalazioni da vicini di presunti abusi edilizi, aveva inizialmente emesso un’ordinanza di demolizione, successivamente annullata dal TAR con una precedente sentenza. Tuttavia, a seguito di ulteriori accertamenti, l’amministrazione comunale ha reiterato l’ordinanza di demolizione, sostenendo che il manufatto era stato realizzato in assenza di permesso di costruire, violando le normative urbanistiche previste dal DPR 380/2001.
Il proprietario, ritenendo la nuova ordinanza lesiva dei suoi diritti, ha presentato ricorso al TAR.
La sua difesa si è basata sulla presunta elusione del precedente giudicato, sottolineando che il Comune non avrebbe condotto una nuova istruttoria adeguata per dimostrare l’abusività dell’opera. Tra le altre argomentazioni, il ricorrente ha sostenuto che l’intervento avrebbe potuto essere ricondotto alla categoria della manutenzione straordinaria, sanabile con una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), piuttosto che essere soggetto a demolizione.
Il TAR, però, ha respinto queste motivazioni, ritenendo l’ordinanza conforme alla legge e fondata su presupposti corretti, evidenziando l’obbligatorietà dell’intervento sanzionatorio da parte del Comune in casi di abuso edilizio.
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Advertisement - PubblicitàPer comprendere la decisione del TAR, è fondamentale esaminare la normativa di riferimento. Il DPR 380/2001, noto come Testo Unico dell’Edilizia, disciplina gli interventi edilizi distinguendo tra opere di manutenzione ordinaria, straordinaria, ristrutturazione edilizia e nuova costruzione. Nel caso di opere che comportano un significativo aumento delle superfici utili, come un soppalco di grandi dimensioni, il permesso di costruire è obbligatorio.
In particolare, l’articolo 31 del DPR 380/2001 stabilisce che le opere realizzate in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire sono soggette a demolizione, e impone ai Comuni l’obbligo di intervenire. La normativa esclude inoltre che l’amministrazione possa valutare discrezionalmente la sanabilità dell’opera in queste situazioni.
A conferma di ciò, la giurisprudenza ha più volte ribadito che il soppalco, se di dimensioni rilevanti e utilizzabile come spazio abitabile, rientra tra le opere di trasformazione urbanistica che necessitano di specifica autorizzazione.
La sentenza del TAR Salerno si inserisce in questo quadro, ribadendo che, in caso di opere abusive, il Comune ha non solo il diritto, ma anche il dovere di adottare provvedimenti sanzionatori, anche in seguito all’annullamento di un’ordinanza precedente, purché corretta nei suoi vizi.
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Advertisement - PubblicitàNel rigettare il ricorso, il TAR Salerno ha approfondito le motivazioni che qualificano il soppalco come un abuso edilizio non sanabile. L’opera, lunga 50 metri quadrati e con un’altezza interna di 2,65 metri, includeva pavimentazione, impianti, tramezzature e una scala di accesso. Queste caratteristiche superano i limiti di una modifica minore, rientrando a pieno titolo tra le trasformazioni edilizie che richiedono un permesso di costruire.
Inoltre, il TAR ha osservato che il soppalco generava un incremento della superficie utile, modificando in modo sostanziale l’assetto dell’immobile e comportando un potenziale aumento del carico urbanistico, in termini di utilizzo e impatto sul territorio.
Sul tema della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), il TAR ha chiarito che questa è applicabile solo per interventi di manutenzione straordinaria o modifiche interne di lieve entità, che non comportano una variazione significativa della destinazione d’uso o un incremento delle superfici. Tuttavia, nel caso specifico, il soppalco non poteva essere assimilato a un intervento di manutenzione straordinaria.
La giurisprudenza ha stabilito che un’opera come un soppalco è soggetta a permesso di costruire se è abitabile o utilizzabile, come nel caso in esame, dove il manufatto era servito da una scala e dotato di pavimentazione e impianti funzionali.
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Il TAR ha anche sottolineato che non è compito dell’amministrazione valutare la possibilità di sanare un abuso quando si tratta di opere che violano palesemente i requisiti normativi. Secondo gli articoli 27 e 31 del DPR 380/2001, il dirigente comunale ha l’obbligo di reprimere l’abuso senza alcuna discrezionalità nel giudicare la sanabilità dell’intervento. Questa interpretazione conferma che, in caso di difformità sostanziali, come quelle riscontrate nel caso del soppalco, la sola via percorribile è la demolizione.
La decisione rafforza, quindi, un principio fondamentale: la SCIA non può essere utilizzata come strumento per regolarizzare opere che necessitano di un permesso di costruire, poiché ciò sarebbe in contrasto con l’obiettivo delle norme urbanistiche, ovvero tutelare l’uso razionale del territorio.
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