La sentenza del Consiglio di Stato sottolinea l’importanza delle autorizzazioni per cambi di destinazione d’uso, ribadendo che interventi edilizi senza permessi possono portare alla demolizione per garantire l’ordinato sviluppo del territorio.
Con la sentenza n. 6356/2024, il Consiglio di Stato ha recentemente chiarito quanto sia essenziale rispettare le norme sui cambi di destinazione d’uso degli immobili. Al centro della vicenda c’è un piccolo locale, originariamente registrato come cantina, trasformato in uno spazio abitabile senza le dovute autorizzazioni. Questa modifica ha portato il Comune di Roma a emettere un ordine di demolizione, successivamente confermato in appello dal Consiglio di Stato.
Ma quali sono le basi giuridiche di questa decisione? E quali rischi si corrono se si trasforma una cantina in un’abitazione senza permesso?
Questa sentenza offre indicazioni pratiche per i proprietari immobiliari: vedremo i dettagli della decisione, gli obblighi di legge e le conseguenze che possono derivare da interventi edilizi non autorizzati.
Sommario
L’intervento edilizio che ha dato origine alla controversia riguardava un locale di circa 18 metri quadri, classificato originariamente come cantina. Nel corso di un sopralluogo effettuato dalla polizia municipale, sono stati rilevati alcuni elementi, tra cui un bagno e un angolo cottura, che suggerivano un utilizzo del locale a fini abitativi.
Questo cambiamento era avvenuto senza alcun titolo abilitativo edilizio, portando quindi il Comune a emettere un’ordinanza per la rimozione delle opere.
Le caratteristiche del locale — un bagno e una piccola cucina, pur senza allacciamento al gas — sono state considerate idonee a configurare uno spazio residenziale. Secondo le autorità, questi interventi configurano un “cambio di destinazione d’uso”, che richiede un permesso di costruire in quanto determina un incremento del cosiddetto “carico urbanistico”.
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Tale aumento comporta infatti una pressione maggiore sui servizi urbani, che include aspetti come la viabilità, i servizi pubblici e le aree di parcheggio.
La trasformazione di una cantina in abitazione, anche senza opere invasive, incide su questi fattori e deve essere autorizzata per garantire che il territorio mantenga un equilibrio tra edifici e infrastrutture. In questo contesto, il Comune ha ritenuto giustificato l’intervento demolitorio per ripristinare la destinazione d’uso originale del locale e prevenire irregolarità edilizie.
Advertisement - PubblicitàIl Consiglio di Stato ha basato la sua decisione su una serie di principi giuridici che tutelano il corretto uso del territorio, disciplinati sia da normative regionali che nazionali.
Il riferimento principale è all’articolo 16 della legge regionale Lazio 15/2008, che regola in modo rigoroso i cambi di destinazione d’uso degli immobili.
Tale articolo stabilisce che qualsiasi intervento che implichi un cambiamento nella destinazione originaria di un locale, come il passaggio da cantina a residenza, è soggetto a specifiche autorizzazioni. In particolare, la norma richiede un permesso di costruire nei casi in cui il mutamento comporti un incremento del cosiddetto “carico urbanistico”, concetto che fa riferimento alla pressione esercitata sui servizi e le infrastrutture del territorio.
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In questo caso, il Consiglio di Stato ha giudicato che l’inserimento di elementi funzionali come il bagno e l’angolo cottura — sebbene mobili e non fissati — sia sufficiente per classificare il locale come abitabile. Il bagno e la cucina, infatti, rappresentano strutture essenziali per uno spazio residenziale, capaci di trasformare l’uso dell’ambiente da magazzino a unità abitativa.
La presenza di tali elementi, anche senza un allacciamento al gas, è stata considerata indicativa dell’intento di rendere il locale abitabile e quindi destinato a un uso diverso rispetto a quello originario.
Il Consiglio di Stato ha sottolineato inoltre come, a livello giurisprudenziale, la modifica di destinazione d’uso non autorizzata rientri in un “intervento di trasformazione urbanistica” e, pertanto, debba essere soggetta a permesso. Questo tipo di intervento è infatti regolato dal DPR 380/2001, che impone obblighi precisi per chi effettua modifiche di destinazione d’uso che comportano l’aumento delle unità abitative.
In linea con queste normative, il Consiglio di Stato ha confermato che la decisione del Comune di emettere un’ordinanza demolitoria fosse pienamente giustificata. Tale ordinanza non solo si propone di ripristinare la destinazione originaria del locale, ma ha anche una funzione deterrente, volta a prevenire che pratiche edilizie non autorizzate si diffondano, soprattutto in ambiti urbani complessi e a elevata densità abitativa come quello di Roma.
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Advertisement - PubblicitàNel corso del processo, l’appellante ha cercato di dimostrare che le modifiche apportate al locale non fossero sufficienti a configurare un cambio di destinazione d’uso. In particolare, è stato sostenuto che l’angolo cottura, essendo un mobile amovibile e non allacciato a una rete del gas, non fosse in grado di trasformare una cantina in uno spazio abitativo.
Secondo la sua difesa, la presenza di questi elementi mobili non avrebbe dovuto automaticamente portare alla classificazione del locale come residenziale, dato che non ne era garantita l’abitabilità in modo stabile e continuativo.
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Il Consiglio di Stato, tuttavia, non ha accolto queste argomentazioni. La Corte ha ribadito che anche la semplice installazione di un bagno e di un angolo cottura rappresenta un’indicazione significativa dell’uso abitativo dell’immobile. Anche se alcuni di questi elementi sono mobili o disattivati, ciò non esclude la loro potenziale funzione residenziale.
La giurisprudenza è chiara nel considerare che il cambio di destinazione d’uso può essere determinato anche da interventi minimi, come l’inserimento di strutture base per l’uso abitativo, indipendentemente dalla loro permanenza o stabilità.
Il Consiglio di Stato ha quindi confermato che, in presenza di un mutamento funzionale così evidente, non sono necessari ulteriori dettagli per giustificare la sanzione della demolizione. Questo approccio risponde a una logica di tutela dell’ordinato sviluppo del territorio e di prevenzione di abusi edilizi.
La decisione, pertanto, non lascia spazio a dubbi: il locale doveva essere riportato alla destinazione originaria di cantina.
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