L’abusivismo edilizio è una delle questioni più complesse nel panorama urbanistico italiano. Ogni anno, numerosi immobili vengono costruiti senza i necessari permessi, portando a ordinanze di demolizione e a lunghe battaglie legali tra privati e amministrazioni comunali.

Quando un proprietario non rispetta un ordine di demolizione, le conseguenze possono essere severe, arrivando fino all’acquisizione gratuita dell’immobile da parte del Comune e alla demolizione forzata a spese del responsabile dell’abuso.

Un recente caso discusso dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha ribadito la rigidità della normativa in materia, respingendo il ricorso di un cittadino che aveva contestato la demolizione di un’opera abusiva realizzata su un terreno agricolo.

Ma quali sono le implicazioni di questa sentenza? E cosa accade quando un immobile viene dichiarato abusivo e il proprietario non ottempera agli ordini di demolizione?

Advertisement - Pubblicità

Il caso specifico: la contestazione dell’ordinanza di demolizione

Il caso in esame riguarda la costruzione di un immobile senza le necessarie autorizzazioni su un terreno agricolo situato nel Comune di Albano Laziale. La vicenda ha avuto inizio con un sopralluogo della Polizia Municipale, che ha accertato la presenza di un fabbricato abusivo realizzato senza permessi edilizi. L’opera, composta da una struttura a più livelli con copertura a tetto, non rispettava le normative urbanistiche e rientrava in una zona agricola soggetta a vincoli particolarmente restrittivi.

A seguito di questa verifica, il Comune ha emesso un’ordinanza di demolizione, imponendo al proprietario di ripristinare lo stato dei luoghi. Tuttavia, nonostante il provvedimento, l’immobile è rimasto in piedi e nel tempo è stato addirittura completato e abitato.

La mancata ottemperanza ha portato l’amministrazione a un ulteriore passaggio: l’emissione di un nuovo ordine di demolizione e, successivamente, l’attivazione della procedura per l’acquisizione gratuita dell’area al patrimonio comunale.

Leggi anche: Demolizione opere abusive: l’abuso edilizio non si giustifica con la necessità e con il tempo trascorso

Secondo quanto stabilito dall’art. 31 del D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia), in caso di mancata demolizione entro i termini previsti, l’immobile abusivo può essere acquisito automaticamente dal Comune, che ha la facoltà di demolirlo a spese del responsabile dell’abuso. Questa misura, oltre a scoraggiare la proliferazione di costruzioni non autorizzate, consente all’ente pubblico di intervenire direttamente per ristabilire la legalità urbanistica.

Di fronte a questa decisione, il proprietario ha presentato ricorso al TAR, sostenendo l’illegittimità dei provvedimenti comunali. Tra le motivazioni del ricorso vi erano presunte irregolarità formali nelle notifiche degli atti, la mancata indicazione chiara delle aree da acquisire e la presunta assenza di un’istruttoria adeguata da parte del Comune.

Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto infondate tutte le contestazioni sollevate, confermando la validità dell’azione amministrativa.

Advertisement - Pubblicità

Le motivazioni del TAR per il rigetto del ricorso

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con la sentenza n° 3528/2025, ha respinto il ricorso presentato dal proprietario dell’immobile, ritenendo infondate tutte le contestazioni avanzate. In particolare, la sentenza ha evidenziato diversi punti chiave che hanno giustificato la legittimità dell’operato del Comune.

Uno degli aspetti fondamentali su cui il TAR si è soffermato riguarda la mancata impugnazione, da parte del ricorrente, delle precedenti ordinanze di demolizione. L’ordine di abbattimento del fabbricato abusivo era stato emesso anni prima e mai contestato nei termini previsti dalla legge. Questo ha reso il provvedimento definitivo e non più suscettibile di revisione.

Inoltre, l’amministrazione comunale aveva già accertato, con sopralluoghi successivi, che il proprietario non solo non aveva provveduto alla demolizione, ma aveva addirittura completato l’opera abusiva, rendendola abitabile.

Un altro elemento determinante è stato il vincolo urbanistico vigente nell’area. Il terreno su cui sorgeva l’immobile rientrava in una zona agricola con specifiche norme che impedivano la realizzazione di edifici residenziali, salvo il rispetto di determinati requisiti, tra cui un’estensione minima di 30.000 metri quadrati. Poiché la proprietà del ricorrente non rispettava questa condizione, la costruzione non avrebbe potuto essere autorizzata neppure con un eventuale permesso in sanatoria.

Leggi anche: Condono per sottotetti e immobili agricoli: ecco cosa cambia nella regione Lazio

Il TAR ha inoltre chiarito che l’acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale era legittima e conforme alla normativa vigente. In base all’art. 31 del D.P.R. 380/2001, se un’opera abusiva non viene demolita nei termini imposti dall’ordinanza, il Comune può prendere possesso dell’area per procedere con la demolizione d’ufficio. L’area acquisita deve essere sufficiente a garantire il ripristino dello stato dei luoghi e a consentire l’allestimento del cantiere per l’abbattimento.

Infine, il TAR ha respinto anche le obiezioni del ricorrente in merito alla presunta irregolarità delle notifiche e alla mancanza di una corretta istruttoria. La sentenza ha ribadito che tutti i provvedimenti erano stati adeguatamente firmati e notificati e che la procedura seguita dall’amministrazione comunale era stata pienamente conforme ai principi di trasparenza e correttezza amministrativa.