La cedolare secca continua a crescere in Italia grazie a risparmio fiscale e semplicità gestionale. Record di entrate nel 2024 e adesione forte tra contribuenti con redditi medio-bassi.
La cedolare secca continua a conquistare consensi tra i proprietari immobiliari italiani, confermandosi come una delle soluzioni fiscali più amate. I dati relativi alle dichiarazioni 2024 (anno d’imposta 2023) parlano chiaro: oltre 3,7 miliardi di euro di imposta dichiarata, con un incremento vicino al 9% rispetto all’anno precedente.
Un vero e proprio record, trainato soprattutto dall’aliquota ridotta al 10%, applicabile ai contratti a canone concordato. Questa “flat tax” sugli affitti, introdotta per semplificare la tassazione dei redditi da locazione, si è ormai affermata come uno strumento vantaggioso, tanto dal punto di vista fiscale quanto da quello amministrativo.
Ma cosa sta realmente spingendo così tanti contribuenti a preferire la cedolare secca alla tassazione ordinaria? Quali sono i benefici concreti e le differenze tra le due aliquote disponibili?
E come si distribuisce questo fenomeno a livello territoriale e per fasce di reddito?
Sommario
Dal suo debutto nel 2011, la cedolare secca ha visto un’espansione costante, diventando una delle modalità più utilizzate per tassare i redditi da locazione. La possibilità di sostituire l’Irpef e le addizionali con un’aliquota fissa, unita all’eliminazione dell’imposta di registro e di bollo, ha reso questa opzione sempre più appetibile.
In particolare, l’estensione del regime agevolato anche agli affitti brevi (introdotta nel 2017 per le locazioni fino a 30 giorni) ha dato ulteriore slancio all’utilizzo dello strumento, soprattutto nelle grandi città e nelle località turistiche.
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I numeri parlano chiaro: nel 2021 erano 2,9 milioni i soggetti che avevano scelto questa modalità, mentre nel 2023 si è arrivati a oltre 3,1 milioni di contribuenti, con un’imposta dichiarata che ha superato i 3,7 miliardi di euro.
Advertisement - PubblicitàNel 2024 la cedolare secca ha raggiunto risultati mai visti prima, consolidando il suo ruolo centrale nella tassazione dei redditi da locazione. Il totale dell’imponibile dichiarato è salito a 21,1 miliardi di euro, con un incremento del 7,7% rispetto al 2022, a conferma di una tendenza ormai strutturale. Di questo totale, 13,7 miliardi sono stati tassati con l’aliquota del 21%, mentre 7,4 miliardi sono rientrati nell’aliquota agevolata del 10%, dedicata ai contratti a canone concordato.
È proprio quest’ultima opzione ad aver mostrato la dinamica più vivace, con una crescita di quasi 9 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Un dato che evidenzia come i proprietari siano sempre più attratti da una tassazione più vantaggiosa, soprattutto in contesti urbani dove il canone concordato è favorito da normative locali e da accordi territoriali.
Il trend riflette anche una maggiore consapevolezza fiscale da parte dei contribuenti, che oggi valutano con maggiore attenzione l’impatto delle diverse scelte tributarie sul proprio bilancio familiare.
Va inoltre considerato il contesto normativo: il canone concordato, spesso favorito da comuni ad alta tensione abitativa, consente di unire vantaggi fiscali a una maggiore stabilità del rapporto locativo. Non a caso, la crescita dell’aliquota al 10% è particolarmente marcata nelle regioni dove i contratti agevolati sono più diffusi grazie alla collaborazione tra enti locali e associazioni di categoria.
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Advertisement - PubblicitàUno dei motivi principali per cui la cedolare secca continua a essere preferita riguarda il suo impatto diretto sulla tassazione complessiva. Scegliendo questa opzione, il contribuente evita il pagamento dell’Irpef ordinaria, delle addizionali comunali e regionali, nonché dell’imposta di registro e di bollo.
Il risultato è un regime fiscale non solo più vantaggioso, ma anche estremamente più semplice da gestire.
Nel 2024, l’aliquota media effettiva pagata dai circa 3,1 milioni di contribuenti che hanno scelto la cedolare secca è stata del 17,5%, ben al di sotto della prima aliquota Irpef ordinaria (attualmente fissata al 23%). Questo significa che, indipendentemente dallo scaglione di reddito, l’adozione della cedolare comporta un risparmio significativo. È un vantaggio che si riflette soprattutto per chi ha redditi medio-bassi o percepisce l’affitto come unica o principale fonte di reddito.
Oltre alla convenienza fiscale, c’è poi il beneficio della semplificazione burocratica. La gestione dei contratti di locazione soggetti a cedolare risulta molto più snella, poiché non è necessario registrare ogni singola annualità né versare le imposte accessorie. Una semplificazione che, specie per i piccoli proprietari, fa una grande differenza in termini di tempo e serenità.
Advertisement - PubblicitàLa diffusione della cedolare secca non è omogenea sul territorio nazionale, ma presenta alcune concentrazioni significative. L’aliquota ordinaria del 21% viene utilizzata soprattutto in Lombardia, dove risiede il 22,8% dei contribuenti che hanno optato per questa modalità. Al contrario, l’aliquota al 10% mostra la sua massima applicazione nel Lazio, con il 17,7% dei soggetti totali.
A livello macroregionale, la crescita più marcata rispetto all’anno precedente si registra nelle Isole (+12%), seguite dal Centro (+9,8%) e dal Mezzogiorno (+9,7%), a dimostrazione di un’espansione sempre più ampia di questo regime fiscale su scala nazionale.
Ma l’aspetto forse più rilevante riguarda la distribuzione per fasce di reddito. Quasi la metà dei contribuenti che hanno aderito alla cedolare secca si colloca nella fascia di reddito compresa tra 20.000 e 50.000 euro: il 48,4% per l’aliquota del 21% e il 48,9% per quella del 10%. A questi si aggiunge un ulteriore 25% di contribuenti con redditi inferiori ai 20.000 euro. Questi numeri rivelano che, per molti, l’affitto rappresenta una componente cruciale — se non esclusiva — del reddito personale.
In altre parole, la cedolare secca non è uno strumento riservato a investitori o grandi proprietari immobiliari, ma è ampiamente utilizzata anche da piccoli locatori che puntano a ottenere un’entrata sicura, stabile e fiscalmente sostenibile.
Advertisement - PubblicitàNonostante la crescita continua e il successo consolidato della cedolare secca, all’orizzonte si profilano alcune novità che potrebbero influenzarne l’andamento nei prossimi anni, in particolare per quanto riguarda gli affitti brevi. Dal 2025, infatti, entrerà in vigore l’obbligo di indicare il Codice identificativo nazionale (CIN) per le locazioni turistiche, una misura pensata per rafforzare i controlli e contrastare l’evasione, ma che potrebbe anche modificare la convenienza percepita da chi affitta immobili per periodi brevi.
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Ciononostante, il bilancio dell’ultimo anno è chiarissimo: la cedolare secca si conferma un modello fiscale vincente, capace di unire semplicità, risparmio e trasparenza. È ormai parte integrante della strategia di gestione immobiliare per milioni di contribuenti italiani, soprattutto tra coloro che non possiedono patrimoni immobiliari vasti ma vogliono valorizzare al meglio le loro proprietà.
Resta da capire se, alla luce delle modifiche normative e delle tensioni del mercato, il legislatore sceglierà di rafforzare ulteriormente questo strumento o se si andrà verso una regolamentazione più selettiva, soprattutto per gli usi non abitativi o turistici.